LA STRUTTURA PODALICA : STUDIO SU ATLETI INTERESSATI DA DISTORSIONE TRAUMATICA 

 

Dopo la 1°parte dell’articolo improntata a fornire informazioni sulla struttura podalica come “organo di moto” (visione più legata all’aspetto muscolo-scheletrico) e una 2°parte esprimendo l’importanza del piede come “organo di senso” (visione più neuro-sensoriale), ecco lo studio sperimentale su un campione di 20 atleti interessati da distorsione traumatica della tibio-tarsica così suddivisi:

– 8 calciatori;

– 4 pallavolisti;

– 3 podisti;

– 3 rugbisti;

– 2 giocatori di basket;

– 12 atleti presentavano una distorsione al piede destro, 8 al piede sinistro;

– 18 eventi traumatici al comparto laterale, 2 al comparto mediale.

Erano tutte lesioni di grado 0-1 e 2.

All’indagine anamnestica effettuata non risultavano atleti sottoposti a intervento chirurgico mentre tutti avevano eseguito un iter riabilitativo dalla fase acuta al ritorno in campo che aveva previsto l’impiego di bendaggio funzionale, crioterapia, endotermia, uso di FANS (al bisogno con prescrizione medica), riabilitazione funzionale con ricondizionamento muscolare (elettrostimolazione, esercitazioni isometriche, isotoniche, auxotoniche, sia in palestra sia in piscina), mobilizzazione globale e generica della tibio-tarsica e un breve periodo di allenamento propriocettivo.
Tutti gli atleti avevano fatto ritorno in campo in un periodo di tempo che andava da circa 10 giorni per i casi lievi fino ai 45 giorni nei casi più complessi, con una media di 18 giorni dall’evento traumatico.
Tutti i venti pazienti dopo circa 10-15 giorni di allenamenti e di ritorno all’attività agonistica cominciavano ad accusare una sintomatologia algica in continuo crescendo, associata a volte a sensazione d’instabilità, a difficoltà nell’eseguire alcuni movimenti “balistici” del piede, a sensazione di “morsa”, di fatica precoce, d’incapacità nel reclutare funzionalmente alcuni muscoli.
A volte appariva gonfiore, soprattutto dopo l’attività sportiva nelle sedi malleolari.

Borsa di ghiaccio

LA VALUTAZIONE OSTEOPATICA

Alla valutazione osteopatica ho potuto rilevare dolore alla palpazione in sede d’inserzione muscolare e nel tragitto di alcuni tendini soprattutto a carico dei peronieri, del tibiale posteriore e del tibiale anteriore. Algia presente anche nelle zone d’inserzione legamentosa dei comparti esterno o interno.
Tutti gli atleti, anche se presentavano un tono-trofismo di base abbastanza equilibrato tra l’arto infortunato e il controlaterale, accusavano difficoltà nell’eseguire alcune gestualità in situazioni di gioco particolari o di terreno instabile e difficile (fino a vero e proprio timore di farsi male in casi estremi). Tutto ciò era il frutto probabilmente di una cattiva rieducazione propriocettiva, o comunque di una propriocettività “difficile da allenare” per il non perfetto funzionamento del circuito neurologico.
Tutte le strutture podaliche analizzate, infatti, non erano in grado di svolgere il loro lavoro in maniera corretta per l’ipomobilità generale e segmentaria delle varie articolazioni, soprattutto a carico dell’articolazione sotto-astragalica, la pinza malleolare, la coppia scafoide-cuboide e l’articolazione tibio-peroneale prossimale.
E abbiamo visto in precedenza come l’aspetto motorio vada di pari passo con l’aspetto neurosensoriale.

IL TRATTAMENTO OSTEOPATICO

L’approccio osteopatico con l’obiettivo di risolvere l’ipomobilità, è stato eseguito con tecniche dirette strutturali, articolatorie e miofasciali.
Trattamento PeroneTrattamento Tibio-tarsica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Già dalla prima settimana di terapia quasi tutti gli atleti sottoposti a questo tipo di iter riabilitativo hanno avuto un sensibile miglioramento della sintomatologia e una netta diminuzione della sensazione di instabilità alla tibio-tarsica, condizione che hanno poi mantenuto durante l’intera stagione agonistica.
C’è da notare anche come sia stato consigliato vivamente a questi atleti post infortunio di proseguire con un allenamento propriocettivo per il ricondizionamento recettoriale mirato durante tutto l’arco della stagione, come lavoro preventivo.
Solo in due casi non si sono ottenuti i risultati sperati (pur migliorando la sintomatologia), con la permanenza di una sensazione d’instabilità abbastanza importante e la comparsa (poi risolta) di una fastidiosa tendinite rispettivamente al tendine del tibiale posteriore e ai tendini dei peronieri, per un probabile sovraccarico funzionale per cercare di limitare il senso d’instabilità accusato.

CONCLUSIONI

Vista l’importanza del piede durante l’attività sportiva e nella vita di tutti i giorni e la precisione necessaria alle strutture podaliche sia per adattarsi al terreno, sia per eseguire la spinta propulsiva, mi è sembrato opportuno rivolgere la mia attenzione su come riportare “l’organo podalico” alla perfetta funzionalità dopo un trauma capsulo-legamentoso del comparto esterno o interno proprio dell’articolazione tibio-tarsica.
Ciò diviene un aspetto indispensabile per far fronte ai ripetuti e intensi stress cui il piede è quotidianamente sottoposto, specialmente in ambito sportivo, dove anche il minimo squilibrio è amplificato divenendo fonte di tensione fisica e psicologica, mettendo in ovvia difficoltà l’atleta che invece deve essere sempre messo nelle migliori condizioni psico-fisiche per ottenere, sia in allenamento sia in gara, performance ottimali e di alto livello.
Il mio lavoro si è basato su presupposti teorici e operativi. La conoscenza analitica della struttura e della fisiologia degli elementi osteo-articolari, muscolari e legamentosi del piede mi ha portato a utilizzare specifiche tecniche osteopatiche per ogni articolazione che presentava una disfunzione, liberandone la funzione di adattabilità.
E’ apparso subito chiaro come fosse fondamentale un’attenta analisi osteopatico-funzionale che non lasciasse nulla al caso, prima di iniziare una precisa strategia terapeutica che aveva come fine ultimo il ricondizionamento delle varie strutture podaliche (lontane o vicine al mortaio tibio-peroneale ma “vittime” con esso della lesione traumatica), liberandole da qualsiasi vincolo osteo-muscolo-scheletrico e recettoriale che in una certa misura obbligava il piede a non poter eseguire il proprio lavoro nella maniera più corretta durante l’esecuzione di un determinato gesto atletico.
L’approccio osteopatico (assieme alla rieducazione propriocettiva) diviene una parte indispensabile da proporre allo sprtivo in un piano terapeutico di recupero dall’infortunio.

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Se adattato nel miglior modo possibile a ogni singolo atleta (senza perdere la concezione di globalità dell’organismo) restituisce all’individuo un’articolazione podalica che sia la più efficiente possibile evitandogli così probabili recidive, assieme a particolari scompensi posturali, problematiche alle quali può andare incontro l’atleta professionista e amatore, sottoposti entrambi a numerosi stress psico-fisici durante la propria impegnativa stagione agonistica.

Dott. Falcone Gianluca
Osteopata D.O. M.ROI