Mi sono spesso interrogato sul significato profondo riguardo alla frase del dottor Still sulla salute: “Compito dell’osteopata è cercare la salute, tutti sanno trovare la malattia“.
Che cosa esprime quest’aforisma e soprattutto come possiamo affermare che un organismo è in salute?
Un noto vocabolario afferma che per salute dobbiamo intendere uno “stato di benessere fisico e di armonico equilibrio psichico dell’organismo umano, in quanto esente da malattia, da imperfezioni e disturbi organici e funzionali”.
Il termine benessere è invece spiegato come uno “stato felice di salute, di forza fisica e morale”.
Come si evince chiaramente da tali affermazioni, un termine rimanda all’altro, senza portare l’attenzione su un concetto che, secondo il mio modesto parere, è ben tracciato da Kant, il quale sentenzia come “l’assenza del sentimento d’essere malati non permette all’uomo di affermare di stare bene, ma solo di stare bene in apparenza”.
Quotidianamente compiamo numerose azioni e gesti, o ci troviamo di fronte a situazioni, che effettivamente portano a uno stato di benessere (leggere un libro, fare sport, ascoltare il proprio cantante preferito, una cena tra amici…). Sotto a questa parvenza di “stare bene”, potrebbero però esserci degli stati morbosi, infiammazioni, infezioni, stati patologici non manifesti che inficiano il nostro equilibrio.
Essere in salute assume dei toni sicuramente più profondi.
Secondo dopo secondo, il corpo è sottoposto a stimoli ambientali “epigenetici”, ai quali l’organismo dev’essere in grado di rispondere dinamicamente.
Il corpo deve avere la capacità di “essere normativo”: tecnicamente parlando, deve avere una buona capacità “allostatica”, per produrre delle risposte fisiologiche alle variazioni ambientali.
L’organismo umano, come sistema biologico complesso, è al massimo delle sue potenzialità dinamiche quando tutti i suoi sistemi lavorano in coerenza, scambiandosi le corrette informazioni rapidamente e in armonia.
Facciamo un ulteriore passo sulla complessità. L’essere umano è costituito da circa cento trilioni di cellule che devono funzionare all’unisono, come un unico apparato, pur mantenendo le caratteristiche peculiari di ogni singolo tessuto e organo: tutte le cellule devono agire allo stesso ritmo locale e coordinarsi a un ritmo base generale, in un ambiente biologico che si presenta come una sorta di network informazionale, dove ogni parte sa cosa sta facendo tutto il sistema.
Il corpo perciò deve avere una sua coerenza, un’intima connessione e interdipendenza tra le parti; deve in altre parole stare unito insieme (significato profondo della parola coerenza) per far viaggiare le informazioni in maniera corretta.
Dal punto di vista osteopatico possiamo prendere in considerazione il sistema fasciale per valutare lo stato di salute e quindi di coerenza.
Tale sistema, che si sviluppa embriologicamente dal mesoderma, avvolge tutto il corpo, creando un continuum funzionale, strutturale ed energetico tra il citoscheletro e la matrice extracellulare.
Numerosi studi ormai avvallano l’ipotesi che le fasce si comportino come un cristallo liquido, con tutte le caratteristiche intrinseche di questi materiali (conducibilità elettrica, piezoelettricità, effetti elettromagnetici, solo per citarne alcuni), immerso in un ambiente ricco di acqua biologica “attivata”, elemento altrettanto necessario per porre in risonanza tra loro molecole e cellule. Un’acqua che potremmo definire “viva”.
La risonanza richiede ordine (neghentropia) per potersi manifestare nell’organismo.
La sensazione palpatoria osteopatica di coerenza è di un corpo che “respira” all’unisono, con un determinato ritmo, forza e ampiezza. Quanto più questa pulsazione ritmica e coerente è percepita come un ritmo lento ma “potente” (vitale), tanto più il corpo sembra esprimere maggior salute.
Questi ritmi lenti “presenti” nell’organismo sembrano essere dettati da forze esterne originarie (“Respiro o Soffio di Vita”), forze che determinano anche la dinamica evolutiva e l’ordine durante lo sviluppo embrionale.
Le proprietà collettive che organizzano ordinatamente il vivente (sistema aperto in permanente interazione con l’ambiente), opponendosi alla tendenza entropica, portano a fenomeni vitali che distinguono la vita dalla non-vita, fenomeni che, se ottimizzati, portano alla condizione che definiamo salute.
Che cosa vuol dire, quindi, “cercare la salute”?
Da quanto esposto sopra si desume come esista uno strettissimo legame tra il movimento e la vita, tra il movimento coerente, bilanciato e ordinato e lo stato di salute.
Ogni situazione stressogena che va a minare questo stato di coerenza fa perdere movimento e quindi salute (e vita).
Ritengo che nell’approccio osteopatico sia fondamentale trovare la modalità (e qui uso un termine tanto caro alla fisica quantistica) di “osservare”, dove è presente la salute nel corpo del paziente. Osservare la salute significa trovare dove sono attive e armoniche quelle forze intrinseche e originarie che sono a disposizione del corpo, durante l’embriogenesi, per dare forma e funzione alle varie strutture.
Tali forze rimangono sempre presenti anche durante la vita extrauterina; hanno al loro interno una “intelligenza profonda” e, usate saggiamente, permettono all’organismo di riorganizzarsi cercando le strategie necessarie per autoguarire in caso di necessità.
Allacciandomi ancora a dei concetti di fisica quantistica è ormai noto come l’atto di osservare un fenomeno da parte di uno spettatore attivo produca un “collasso quantico”, che produce il fenomeno stesso.
Dal punto di vista osteopatico, quindi, l’atto di “osservazione della salute” (e di queste forze intrinseche) diverrà l’elemento essenziale per far emergere la salute stessa, con tutte le sue proprietà guaritrici.
La mia esperienza clinica e gli studi eseguiti mi hanno portato in questa direzione nell’interpretare il pensiero originario del dottor Still, comprensibilmente criticabile, ma come sempre spero sia motivo di discussione, ricerca, condivisione e di approfondimento.
Dott. Gianluca Falcone (Osteopata D.O. MROI, Direttore Didattico Ist. Osteopatico Fulcro)